L'incontro è la radice della storia del Festival Musicale del Mediterraneo, iniziata nel 1992, elemento centrale della natura mediterranea a cui si ispira la manifestazione.
Il triennio che precede il traguardo trentennale del 2021 rinforza ulteriormente questa tematica dedicandosi a 3 grandi dialoghi, tra la cultura musicale europea e quella africana (2018), asiatica (2019) ed americana (2020).
Questa edizione svilupperà l'Eurasia, vasta area nella quale la musica classica e contemporanea, forse più di ogni altro genere, ha nei secoli sviluppato connessioni, aspirazioni ed ispirazioni, ideali e spirituali: dalla “turcheria” mozartiana al minimalismo americano elaborato dalla musica balinese e indiana, l'Occidente ha straordinariamente arricchito i repertori musicali attingendo ed incontrando la musica asiatica. Non così è stato per le musiche orientali, arginate dalle tradizioni fino ai primi del ‘900: solo allora i primi musicisti “colti” iniziarono a sviluppare un proprio linguaggio con ispirazione europea.
La nuova edizione prevede 13 esibizioni con 5 prime nazionali e 3 europee, di cui 3 prime assolute, 3 produzioni e 2 co-produzioni: incontri, multidiscipline, multicultura e molteplici luoghi dove il Festival, per oltre 20 giorni di settembre, si sviluppa: nel centro città tra musei e antichi palazzi fino alle periferie, svantaggiate e ferite.
Le produzioni riesploreranno, a distanza di oltre 20 anni, le “vie estatiche del sufismo” dei Dervisci di Istanbul in dialogo “rotante” con i danzatori contemporanei di Deos; scopriranno la musica carnatica indiana della violinista virtuosa Jyotsna Srikanth intrecciarsi con le musiche paganiniane; omaggeranno il pensiero del Dalai Lama con le voci, i canti e le danze tibetane; percorreranno le musiche della “via della seta”, con musiche turche, armene, persiane. Ci saranno co-produzioni, come con Musicaround per le voci dell'Est delle Balkanes.
E ancora, sperimentazioni, tradizioni, incontri (in collaborazione con il Celso) e seminari che daranno il via a Womus, una vera e propria world music school: la voce estrema sciamanica di Sainkho con il chitarrista giapponese Kazuhisa Uchihashi, le rare musiche tradizionali nepalesi degli Night da Kathmandu e le musiche vietnamite di Bach Yen e il noto maestro Tran Quang Hai. E poi ritmi dalle diverse regioni e tradizioni indiane e il teatrodanza rituale del Kerala di Karunakaran, già attore di Peter Brook. Ed infine, a conclusione del programma un omaggio a Pina Bausch, simbolo immenso del linguaggio contemporaneo, riportata in scena con un!espressione estrema, euroasiatica, dalle origini giapponesi, che coniuga tradizione e contemporaneità: la danza butoh di Tadashi Endo.
Le arti viaggiano, si incontrano, si uniscono.
Davide Ferrari, direttore Festival
